Le Macchine a Spalla da 10 anni Patrimonio UNESCO

Data:
1 Maggio 2023

Le Macchine a Spalla da 10 anni Patrimonio UNESCO

La Macchina di Santa Rosa di Viterbo, della Varia di Palmi, della Faradda dei Candelieri di Sassari, dei Gigli di Nola sono patrimonio Unesco dal 2013, a cui erano state candidate come “best practices” prettamente italiane in occasione dell’VIII Comitato Intergovernativo per la Convenzione del patrimonio culturale immateriale.

Era il 4 dicembre 2013. Ci trovavamo nel lontano Azerbaijan, a Baku.

Di certo per “le feste della tradizione italiana” e “la Rete delle grandi Macchine a spalla italiane” (associate in Gramas) fu una candidatura speciale quella a Patrimonio dell’Umanità.

Ed ancora più importante fu il conseguimento di quell’obiettivo.

Un traguardo di cui si coglie sempre più la portata nel tempo.

Ora, a distanza di 10 anni, nel decennale di quella ricorrenza, si vede tutto il percorso tracciato e quanto ancora si ha in programma di fare per proseguire nella promozione e valorizzazione di tale patrimonio immateriale.

Le Grandi macchine a spalla, infatti, sono diventate ‘Macchine della Pace’. Per festeggiare sia il decennale della loro iscrizione a patrimonio Unesco che il ventennale della convezione Unesco del 2003 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Un processo avviato, il 4 aprile scorso, presso il Bethlem Peace Center, in Terra Santa nel cuore della città di fronte alla basilica della Natività, con la mostra “Macchine di Pace”. Inaugurata alla presenza delle istituzioni, a cura di Giorgio Andrian e Patrizia Nardi, e aperta sino al 17 aprile successivo. Ma si tratta di un percorso cominciato già da tempo. Innanzitutto l’esposizione richiama l’altra che ha animato Viterbo: quella storico-documentaria sulla Festa di S. Rosa, allestita al Monastero di S. Rosa di Viterbo, “La forza della fede” (26 agosto-31 ottobre 2022).

Poi, a seguire, per sensibilizzare in tema di pace, fratellanza, tolleranza e solidarietà, fu organizzato un concerto, il 31 agosto 2022 a piazza San Lorenzo, per una raccolta fondi a favore dell’Ucraina, che venne eseguito dall’Orchestra e coro dell’Opera Nazionale Ucraina di Dnipropetrovsk, con i solisti dei Teatri dell’Opera di Leopoli, Kiev e Odessa.

Diplomazia culturale e cooperazione internazionale le parole chiave. Ma questo dialogo interculturale si è costruito anche sotto altra forma. La mostra “Macchine di pace”, infatti, ‘dialoga’ con un prodotto audiovisivo e con un altro artistico.

Il primo è il significativo progetto “Il nostro tempo infinito e sospeso”, con cui le immagini delle feste, coi loro suoni e la loro musica, sono stati diffusi nei centri storici delle città della Rete, sui palazzi e nelle piazze. Per fare memoria. Film inedito di Francesco De Melis, è stato prodotto dalla Rete e dall’Istituto Centrale del Patrimonio Immateriale (Icpi).

L’altra è la creazione di Giuseppe Fata, artista visionario contemporaneo: una testa-scultura realizzata ad hoc per la circostanza nell’ambito del progetto ‘Simulacrum’ ed intitolata “Announcement of Peace”.

Un annuncio di divulgazione della pace, invocato a più voci.

Ne è nata una collaborazione internazionale che ha portato al coinvolgimento di numerose associazioni, amministrazioni comunali, ambasciate, istituti italiani di cultura, enti di ricerca e università italiane. Istituzioni come la Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, il Consolato Generale d’Italia a Gerusalemme e i Comuni (fra cui anche quello di Betlemme), le Arcidiocesi e le Diocesi di Viterbo, Sassari, Nola e Palmi.

Centrale il connubio MIC-Icpi (nella persona del suo direttore Leandro Ventura), e la partnership del Ministero degli Esteri e delle ambasciate.

Il loro impegno ha portato a grandi risultati, ieri come allora. All’epoca condusse alla promulgazione della Legge 77/2006 a favore del Patrimonio UNESCO italiano, esteso anche ai patrimoni culturali immateriali e, nel 2021, all’istituzione dell’Osservatorio Nazionale del Patrimonio culturale immateriale UNESCO, con sede presso il MiC.

Molte anche le iniziative in tema di promozione del valore culturale di tali Macchine a Spalla che ne conseguirono. A partire dagli short film della Rete veicolati al Festival del Cinema di Venezia, ai Musei Capitolini, alla Galleria Nazionale d’Arte moderna e contemporanea; alla mostra “Racconti (In)Visibili”, esposta fino al lockdown a Santiago del Chile, a Buenos Aires, a Merida e Villahermosa in Messico, a Sarajevo, Sofia e poi ripartita da Barcellona.

La storia di Rosina continua a viaggiare. Intanto arriviamo all’oggi.

Torniamo ‘a casa’, al monastero di S. Rosa dove, il 16 aprile scorso, è stata posta una statua della santa, del XVIII sec. circa, restaurata dal professor Giorgio Capriotti, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza. E grazie al sostegno e all’interessamento dell’imprenditore Antonio Di Pietro, molto legato alla città viterbese, come racconta nel suo libro “Da Telese a Viterbo. La mia vita”. Ad assistere all’allestimento della statua erano presenti la sindaca Chiara Frontini; il vescovo di Viterbo, Orazio Francesco Piazza; il sindaco di Telese, Giovanni Caporaso; la madre superiora del monastero di Santa Rosa, Suor Francesca Pizzaia; Eleonora Rava, del Centro Studi Santa Rosa da Viterbo.

Ultimo aggiornamento

4 Ottobre 2023, 11:13