Miti, Riti e Leggende – Amalasunta regina di un posto leggendario: l’Isola Martana La sua storia nella ricorrenza della sua morte il 30 aprile del 535.
Data:
1 Aprile 2023
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“Donne al potere” di Mariarosaria Barbera (il volume è stato presentato a Palazzo Patrizi Clementi lo scorso 14 dicembre)
Un Medioevo ‘moderno’: tracce di antico riportano ai giorni nostri la storia di Amalasunta nella ricorrenza della sua morte il 30 aprile del 535 d. C.
Chi dice che il Medioevo sia un tempo antiquato dovrà ricredersi.
Mariarosaria Barbera ci mostra tutta la modernità di un’epoca considerata spesso ‘bigotta’ nel suo libro: “Donne al potere in Oriente e Occidente fra Tardoantico e Medioevo”.
Figure che si muovono in un confine labile: quello di “donne vicine al trono” e, al contempo, “donne di passaggio sul trono”. Ma che hanno sempre e comunque saputo lasciare il segno. Attive protagoniste della vita politica, culturale e religiosa.
La rilevanza è anche nelle attestazioni pervenuteci che permangono a convalida. Dunque vicende curiose, interessanti e ricche di aneddoti, accattivanti per gli intrighi che le animano; ma importanti soprattutto per altri aspetti. Innanzitutto dal punto di vista storico, oltre che leggendario, e demo-etnoantropologico, facendoci conoscere usi e costumi dell’epoca. Infine, in particolare, principalmente dal punto di vista anche storico-artistico, architettonico e archeologico, con le rilevanze che ne restano, vere testimonianze di memoria intangibile.
Si tratta di donne che non solo arrivarono a ottenere il titolo di ‘augusta’ (Galla Placidia, Marcia Eufemia e Alypia), o nate nella porpora come Leonzia (cioè da padre già imperatore), o a cui fu attribuito il prestigioso titolo di ‘patrizia’ (Anicia Giuliana), omaggiata in dittici d’avorio creati per il consolato del 506; o nella miniatura del Dioscoride di Vienna; o in un busto di marmo al Metropolitan Museum. Fece costruire ben 5 chiese: di Sant’Eufemia, della Theotokos, di S. Stefano nello Zeugma e di S. Polieucto. Anicia Giuliana, poi, diffuse il culto della Vergine Maria in Oriente. Un’iscrizione la definisce ‘la pia’, donna nobile “che ha vinto il tempo”. È proprio quello che fecero.
Donne che fecero costruire monumenti: chiese, monasteri, edifici e luoghi di culto maestosi in nome proprio del loro credo: perciò si tratta di vicende fondamentali culturalmente da un punto di vista religioso e di storia della religione.
Infine anche da un punto di vista giuridico-legislativo: fondarono dei veri codici legislativi.
Si occuparono degli affari di stato, oltre che dell’educazione dei figli (Gosvinta); fino ad essere delle vere e proprie combattenti, schierate in battaglia in prima persona come Brunechilde.
Ed è per questo ad esempio che il nome Brunilde torna in vari personaggi cinematografici La saga dei Nibelunghi, Django Unchained, oltre che in fumetti e manga.
Ma soprattutto sono le rappresentazioni iconografiche su di loro a restare; la scena dello squartamento di Brunechilde è conservata in un’incisione di un anonimo fiammingo al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi.
Nell’atto di donazione del figlio è definita come “gloriosissima signora regina Brunilde”.
Lo stesso dicasi per Teodolinda, che regnò 36 anni da consorte e reggente. A lei molto deve Monza, con la chiesa di S. Giovanni Battista (basilica mausoleo dove sarebbero stati rinvenuti i suoi resti), i cicli di affreschi delle Gesta Longobardorum, il reliquiario della Vera Croce di Adoaldo e l’immagine della regina scolpita sulla lunetta del portale del Duomo di Monza o la cappella di Teodolinda nell’abside dello stesso con ben 45 scene, opera dei Zavattari: il più alto esempio italiano di gotico internazionale.
Ma soprattutto reliquie come la corona cosiddetta di Teodolinda, forse già appartenuta ad Amalasunta. Corona votiva in stile bizantineggiante, risale al VI-VII secolo. Attualmente si trova al Museo del Duomo di Monza. Si tratta di un diadema in oro, costituito da gemme (circolari e quadrate) e madreperla, incastonate in sottili lamine d’oro e disposte in cinque ordini paralleli.
Tale alto esempio di oreficeria altomedievale ci fa comprendere quanto certi miti vadano oltre l’attinenza locale. Così le leggende, travalicando i confini, uniscono territori.
Infatti si arriva sino a Monza dall’Isola Martana, dove Amalasunta fu fatta uccidere dal cugino Teodato, duca di Tuscia, per impossessarsi del potere e del regno; dopo averla tenuta in prigionia proprio sul castello qui sul lago di Bolsena.
Ed è come se quel lago e quell’isola invocassero il suo nome, sovrana di quelle acque e di quella terra apparentemente così lontane e distanti dalla provenienza della regina ostrogota, figlia del leggendario re Teodorico, eppure la cui presenza è fortemente legata alla Tuscia, di cui il 30 aprile è la ricorrenza dell’anniversario della morte nel 535 d. C.
Gundeperga fondò, invece, la basilica di S. Giovanni Domnarum.
E proprio Teodolinda e Gundeperga sono definite “artefici consapevoli della formazione di una precisa memoria delle origini del loro popolo”.
Placidia fece restaurare la chiesa di Sant’Eufemia a Calcedonia, costruita da Pulcheria, dove si era svolto il concilio del 451.
Monete celebrano Eufemia e l’unità dell’Impero. Con una nuova ‘romanizzazione’, attestata dal ripristino della festa pastorale dei lupercalia.
Seppero scrivere la loro ascesa sociale nonostante lo status di semplici cortigiane come Fredegonda, a cui il compositore Francesco Gasparini dedicò il melodramma La Fredegonda.
È grazie a loro, infine, se, nei primi dell’VIII sec., la moglie del duca di Benevento ebbe il titolo di ducissa.
Tutta questa è la loro immortalità.
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Ultimo aggiornamento
4 Ottobre 2023, 11:30